ALIMENTAZIONE E FESTIVITA’: alcuni consigli per non esagerare

Si sa, le festività natalizie mettono a dura prova la nostra linea; si comincia con il cenone della Vigilia e si finisce con quello del 31, forse.  Il rischio di esagerare a tavola e far spostare l’ago della bilancia verso destra è dietro l’angolo. In realtà, il nostro organismo ha dei meccanismi interni di autoregolazione che ci permetterebbero di mantenere il peso di partenza se gli eccessi calorici si limitassero ai tradizionali pasti del 24, 25 e 31 soprattutto se, tra una maratona gastronomica e l’altra, ci concedessimo qualche salutare passeggiata “digestiva”. Il problema è che, spesso, gli stravizi hanno inizio ben prima della Vigilia, con le varie cene di auguri, e si prolungano fino alla Befana, tra un brindisi con gli amici e una fetta di panettone con i parenti. E allora si cerca di ricorrere a tutti gli escamotage possibili per limitare i danni. Molti pensano che digiunare tutto il giorno in vista di un cenone o viceversa andare a letto a stomaco vuoto dopo un lauto pranzo sia la soluzione, ma non è assolutamente così. Anzi, saltare i pasti è controproducente: l’organismo entra in uno stato di emergenza, chiamato “carestia”, per cui, dopo un digiuno, tende ad assimilare di più per sopravvivere alla scarsità di cibo. Oltretutto, arrivare affamati al pasto successivo aumenta il rischio di abbuffarsi davanti a tutte le leccornie presenti sulla tavola. Ecco qualche piccolo accorgimento per evitare gli eccessi e godersi le feste senza sensi di colpa:
  1. Bevi di più
Se durante tutto l’anno bere almeno 2 L di acqua al giorno è buona norma, in occasione delle feste e di qualche peccato di gola di troppo è quanto mai fondamentale. L’acqua aiuta ad eliminare le tossine e i liquidi in eccesso, oltre a favorire una sensazione di sazietà.
  1. L’ attività fisica non va in vacanza!
Alzati da tavola prima di sentirti completamente sazio, per non dire pieno, e non cedere alla tentazione del divano subito dopo aver mangiato! È sufficiente una bella camminata a passo svelto di circa 30 minuti per riattivare il tuo metabolismo e favorire la digestione.
  1. “La prima digestione avviene nella bocca”
Mastica lentamente. Questo ti permetterà di assaporare fino in fondo le pietanze e goderti ogni singolo boccone, senza abbuffarti. Dopotutto, il buon cibo è l’occasione per rilassarsi con amici e parenti, lontani dalla solita routine frenetica.
  1. Di tutto un po’, grazie!
Non è necessario privarsi di niente; l’importante è tenere sotto controllo le porzioni.
  1. Qualità, non quantità!
Spesso davanti ai buffet delle feste o alle grandi tavolate, siamo portati a riempire il piatto di stuzzichini vari, senza scegliere attentamente cosa davvero vale pane di assaggiare. Questo Natale prova a mangiare meno, ma meglio!
  1. Aperitivi light
Via libera alle cruditè di finocchi, carote e sedano: decisamente più salutari delle patatine, meno caloriche e ricche di fibre, che riducono il senso di fame.
  1. Attenzione agli “avanzi”!
Probabilmente in casa sarà rimasto qualcosa di quel favoloso cenone della sera prima; tuttavia è meglio evitare di consumare quelle stesse portate nei giorni successivi: il rischio è di assumere troppe calorie. Dopo le abbuffate, così come nei giorni precedenti, abituati a consumare pasti più leggeri: meglio puntare su proteine vegetali o nobili come quelle contenute nel pesce bianco insieme ad abbondanti quantità di verdure.
  1. Un brindisi alla salute!
Concediti il piacere di un brindisi o di pasteggiare con un buon calice di vino, preferibilmente rosso, ma senza esagerare! Alcolici e superalcolici affaticano il fegato e aumentano l’introito calorico.
  1. Non saltare i pasti!
Come dicevamo all’inizio, saltare i pasti non eviterà di ingrassare. Anzi, rallenterà il tuo metabolismo.
  1. Vivi al meglio la magia di questi giorni speciali!
Fai il pieno di energie positive e prepararti ad accogliere al meglio questo nuovo anno!    

Arrosto di tacchino alle erbe aromatiche e melagrana

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione. Anche a Natale è possibile accontentare il palato senza esagerare con le calorie, strizzando l’occhio alla salute. La carne di tacchino, privata della pelle, è molto povera di grassi, il petto (o fesa) è particolarmente indicato per l’alimentazione di chi segue una dieta ipocalorica o vuole controllare i livelli di colesterolo. È un’eccellente fonte proteica e contiene ferro altamente biodisponibile. La melagrana è un bellissimo frutto intensamente colorato di rosso, che non solo si presta ad essere utilizzato per decorare la tavola durante il periodo natalizio, ma fa anche molto bene alla salute. La melagrana è ricchissima di antiossidanti, contiene acido ellagico, tannini e polifenoli per cui le sono riconosciute proprietà antitumorali e antibatteriche. Con la ricetta dell’arrosto di tacchino alle erbe e melagrana vogliamo darvi l’ispirazione per un appetitoso e sano pranzo di Natale, e augurarvi le più felici Feste! Ingredienti per 6 persone
  • Mezza fesa di tacchino da circa 800 gr
  • 100 gr di melagrana già sgranata
  • 30 ml di vino bianco
  • 3 cucchiai di olio evo
  • Un rametto di rosmarino
  • Un rametto di timo
  • 2 foglie di salvia
  • 1/4 di spicchio d’aglio
  • 4 pizzichi di sale
  • 2 pizzichi di pepe bianco
  • 2 cucchiai di Porto rosso
Procedimento Legate la fesa di tacchino con lo spago da cucina in modo da fargli tenere la forma in cottura e tagliarlo più facilmente una volta pronto. Tritate sottilmente l’aglio con le erbe aromatiche precedentemente lavate e asciugate, trasferitele poi in una ciotola. Aggiungete alle erbe tritate il sale, il pepe e mescolate. Pennellate l’arrosto di tacchino con un cucchiaio di olio evo, cospargetelo e massaggiatelo con le erbe. Mettete sul fuoco una casseruola antiaderente e fate colorire a fiamma alta l’arrosto di tacchino da tutti i lati in modo da sigillare la carne, quindi sfumate con il vino bianco. Abbassate la fiamma al minimo e aggiungete i rimanenti due cucchiai d’olio evo, coprite la casseruola con un coperchio e fate cuocere per un’ora girando la carne di tanto in tanto. Frullate la melagrana e passate il composto ottenuto attraverso un colino a maglie sottili, conservate solo il succo. Quando l’arrosto avrà ultimato la cottura, (se disponete di un termometro da cucina, la temperatura al cuore dovrà essere di 75°C), alzate la fiamma e sfumate velocemente con il Porto. Abbassate nuovamente la fiamma al minimo e aggiungete il succo di melagrana, attendete un minuto e spegnete. Prelevate la carne dalla pentola, avvolgetela in un foglio di alluminio e lasciatela riposare per circa 10 minuti, raccogliete il sugo dalla casseruola versandolo in una salsiera e tenetelo in caldo. Tagliate la carne a fette non troppo sottili e disponetele su un piatto da portata, finite decorando con rametti di rosmarino e chicchi di melagrana. Servite l’arrosto di tacchino alle erbe e melagrana accompagnato dal suo sugo a parte.

BEVI POCO? Ecco cosa succede al tuo corpo

Il nostro corpo è costituito per il 60% di acqua, elemento essenziale per la vita umana. Tutti sappiamo che bere acqua a sufficienza è importante, non soltanto per contrastare la ritenzione idrica, ma soprattutto per mantenere il nostro organismo in buona salute e scongiurare i rischi legati alla disidratazione. Può sembrare strano, ma anche in inverno il rischio di disidratarsi è alto poiché le basse temperature riducono la sensazione di sete, che invece in estate percepiamo in modo decisamente più forte. In realtà, il segreto per una corretta idratazione è prevenire lo stimolo alla sete. Infatti quando avvertiamo il bisogno di bere, spesso, si tratta di un campanello di allarme del nostro corpo che sta già entrando in uno stato di disidratazione. Ma la sete non è l’unico segnale che il corpo ci rimanda per comunicare questo stato di emergenza. Spesso la mancanza di idratazione si accompagna ad un malessere diffuso che porta con sé diversi sintomi, non sempre facilmente riconoscibili. La pelle è uno tra i primi organi che risente dell’insufficiente apporto di acqua. Quando non siamo ben idratati, sentiamo quella fastidiosa sensazione della pelle che “tira” e che comincia a seccarsi, le labbra tendono a screpolarsi e a tagliarsi. In questi casi, non basta intervenire a livello topico con creme idratanti e burro cacao: occorre agire dall’interno, ripristinando un buon livello di idratazione. Come tutti sappiamo, quando non beviamo abbastanza aumenta la famosa e temutissima ritenzione idrica che favorisce la formazione di edemi su tutto il corpo, in particolar modo sulle estremità. La pesantezza alle gambe, l’anello che indossiamo abitualmente e all’improvviso fa fatica ad entrare alla mano o quelle antipatiche borse sotto agli occhi significano che non stiamo bevendo abbastanza. Inoltre, bere poco rallenta il transito intestinale che, a sua volta, provoca gonfiore e stitichezza. Ma la sintomatologia della scarsa idratazione e le sue conseguenze sono ben più varie. Per esempio, ci si può sentire inspiegabilmente stanchi e spossati: l’idratazione infatti è fondamentale per garantire l’efficienza muscolare e l’attività del metabolismo. Anche la comparsa di un improvviso mal di testa può essere dovuta ad una scarsa idratazione: un’insufficiente apporto di acqua infatti può portare difficoltà di concentrazione e confusione mentale. Non solo: la carenza di minerali può favorire repentini sbalzi di umore e uno stato di irritabilità, che apparentemente non trovano giustificazione. Si raccomanda infatti a chi studia o a chi lavora di tenere sempre una bottiglietta di acqua sulla scrivania e bere frequentemente, a piccoli sorsi. Lo squilibrio elettrolitico, causato da una scarsa idratazione, compromette il fisiologico funzionamento degli organi vitali e può provocare tachicardia persistente e vertigini, che, in mancanza di un tempestivo intervento, possono portare allo svenimento. La mancata idratazione ha effetti negativi anche sulla pressione sanguigna, determinandone un inaspettato abbassamento per cui ci sentiamo deboli e privi di forze. Inoltre, i soggetti che bevono poco incorrono più facilmente in infezioni urinarie, come cistiti ricorrenti, e aumentano il rischio di formare calcoli renali. Per mantenere un buon livello di idratazione, un adulto dovrebbe assumere almeno 2 L di acqua nel corso della giornata. L’acqua può essere integrata con altre bevande non zuccherate, come tè, tisane e centrifugati, ricchi di antiossidanti e vitamine preziose per il nostro corpo. “L’acqua è la materia della vita. Non esiste vita senza acqua.”

SONNO E MICROBIOTA: dormire bene per avere un intestino sano

Il corpo umano è una macchina complessa, progettata con minuzia e precisione affinché ogni singola cellula assolva ad una funziona specifica ed assicuri interazioni costanti tra i vari organi. Recenti studi hanno evidenziato che esiste una stretta relazione bi-direzionale tra sonno e microbiota. Si è visto, infatti, che l’alterazione del ritmo sonno/veglia condiziona il microbiota intestinale, inficiandone l’attività metabolica e la composizione. Questo spiega, ad esempio, perché quando siamo stressati o dormiamo poco e male aumenta la comparsa di reazioni allergiche, intolleranze e tendiamo ad ingrassare. Il benessere del nostro microbiota, quindi, non dipende solo da ciò che mangiamo, ma da tanti altri fattori: ad esempio, dal momento della giornata in cui mangiamo, da quanto e come dormiamo. I ricercatori infatti hanno osservato che la popolazione batterica migra all’interno del nostro intestino in modo diverso, a seconda che sia giorno o sia notte: passando dal contatto con la superficie della mucosa intestinale al centro della cavità dell’intestino o viceversa. Rispettare orari regolari nei pasti e nel sonno favorisce i ritmi fisiologici anche del nostro microbiota e del suo metabolismo, garantendo l’equilibrio e il benessere non soltanto dell’intestino, ma dell’intero organismo. L’accumulo di stress innesca un circolo vizioso di cattive abitudini, dannose per il nostro organismo. Dormire male ci porta ad essere più nervosi e spesso a mangiare in modo incontrollato, consumando spuntini fuori orario e cibi poco sani, altamente calorici o zuccherini, che alimentano i “batteri cattivi” nell’intestino. Di conseguenza, tendiamo a mettere su peso e il nostro umore non può che peggiorare, a scapito, ancora una volta, della qualità del sonno. Se è vero che i nostri ritmi di vita influenzano il microbiota, tuttavia è vero anche il contrario. Ossia, il nostro rapporto con il sonno dipende anche dal microbiota, preposto alla produzione di alcuni neurotrasmettitori regolatori del ciclo sonno/veglia. Infatti circa l’80% della serotonina, precursore della melatonina, viene prodotta da batteri intestinali, quali Streptococchi e dai ceppi batterici Escherichia e Enterococchi. Inoltre proprio la serotonina ha effetti benefici sul tono dell’umore, combattendo gli stati di ansia e depressione, spesso nemici del riposo notturno. I livelli di questo ormone si abbassano quando siamo particolarmente stressati e non seguiamo senza orari regolari, causando spesso disturbi del sonno. Ma non è tutto; i batteri presenti nel nostro intestino producono anche un altro neurotrasmettitore, l’acido gamma-amminobutirrico, che, grazie ad un’azione ansiolitica e rilassante, favorisce una migliore qualità del sonno. Pertanto, un trattamento efficace dell’insonnia non può prescindere da un’analisi dello stato della nostra flora intestinale volta ad accertare l’eventuale presenza di disbiosi, candidosi e analizzare il funzionamento del sistema immunitario intestinale. Possiamo quindi concludere che sonno e microbiota si influenzano reciprocamente: per ritrovare un’ottimale qualità del sonno è indispensabile prendersi cura della salute del proprio intestino e per mantenere un buon equilibrio della flora intestinale è necessario seguire uno stile di vita sano e regolare.  

Acido o Alcalino? Come preservare il naturale equilibrio

Alimentazione, stile di vita, stress, infezioni e inquinamento sono tra i principali fattori che influenzano in modo diretto l'equilibrio acido-alcalino, ovvero il risultato di una serie di reazioni chimico-fisiche che avvengono all’interno dell’organismo. L'equilibrio acido-alcalino ideale è compreso in un intervallo relativamente ristretto: un livello di pH nel sangue superiore a 7 (tra 7,32 e 7,42); un livello di pH delle urine tra 6.5 e 7.2. Se i fattori che influenzano il metabolismo rimangono nei limiti fisiologici, la capacità di compensazione del sistema è in equilibrio e l’organismo rimane in salute. Se invece la capacità di compensazione è alterata (eccessivamente alcalina o eccessivamente acida), il sistema si scompensa e manifesta questo squilibrio con alcuni sintomi oppure vere e proprie malattie: acidità di stomaco, disturbi nella digestione, infiammazioni, febbre, dolori articolari, allergie. Bisogna ricordare che i ritmi e le abitudini della vita moderna (ambiente, dieta, stress, consumo di farmaci, ecc.) portano più facilmente il nostro sistema metabolico verso l’acidosi. Di conseguenza l’organismo, che solitamente necessita di un pH leggermente alcalino per svolgere le sue funzioni vitali, si trova continuamente a dover contrastare questa condizione di acidosi espellendo gli acidi attraverso i polmoni, i reni e la pelle, ricorrendo anche ai sali minerali alcalinizzanti presenti nel cibo e nell’acqua (calcio, potassio, sodio, magnesio). Ecco dunque che il mantenimento di un buon equilibrio acido-alcalino è fondamentale, soprattutto per chi fa medicina potenziativa e per coloro che seguono un percorso di nutrizione consapevole. Come sappiamo, in natura il mantenimento dell’equilibrio è dato dalla continua interazione tra condizioni opposte. Pertanto seguire una dieta sana non significa certo nutrirsi solo ed esclusivamente di alimenti alcalinizzanti, ma piuttosto cercare di raggiungere un buon equilibrio fra i due elementi opposti, l’acido e l’alcalino. Tuttavia, come già sottolineato, i ritmi di vita frenetici, un’alimentazione disordinata, l’inquinamento ambientale, uno stile di vita sedentario e il consumo di alcol e farmaci spingono spesso il nostro organismo verso l’acidosi. Quindi per mantenere o ristabilire il corretto equilibrio acido-base vanno adottate misure alimentari corrette, come l’apporto di una maggiore quantità di cibi alcalini e un salutare stile di vita, nel quale dare spazio a movimento regolare, riposo e sonno adeguati. Gli alimenti vengono classificati come acidificanti o alcalinizzanti in base all’impatto che hanno sul corpo e non in base al sapore più o meno acido. Sono considerati alcalinizzanti quegli alimenti che, una volta metabolizzati, rilasciano un residuo alcalino come frutta (compresa l’uva e gli agrumi), verdura, alghe e il sale, grazie al suo contenuto di sodio. Sono invece definiti acidificanti quegli alimenti che, una volta metabolizzati, lasciano residui acidi, come l’acido solforico, fosforico o cloridrico. Tra gli alimenti acidificanti figurano la farina e i cereali, soprattutto quelli raffinati e quindi poveri di minerali, lo zucchero, i grassi e le proteine di origine animale. Si raccomanda infatti di accompagnare il consumo di questi alimenti ad abbondanti quantità di verdura fresca o di frutta (alcalinizzanti). In definitiva, una dieta equilibrata dal punto di vista acido-alcalino si deve integrare con uno stile di vita sano. Un’adeguata idratazione per favorire l’eliminazione delle scorie ad opera dei reni; una costante attività fisica, preferibilmente di tipo aerobico a bassa intensità per facilitare l’eliminazione delle sostanze acide attraverso i polmoni; dormire circa 8 ore a notte per bilanciare lo stress cui la quotidianità ci sottopone e supportare l’attività del fegato, filtro anti-tossine del nostro corpo, con decotti specifici, per esempio, a base di Tarassaco, sono piccoli accorgimenti che possono aiutarci a mantenere un buon equilibrio acido-alcalino.  

DIETA FODMAP: come convivere con la Sindrome dell’Intestino Irritabile

La Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS), o colon irritabile, è un disturbo che colpisce moltissime persone e si manifesta con crampi e dolori addominali, meteorismo e alternanza di diarrea e/o stitichezza. Questa fastidiosa sintomatologia può essere gestita e in buona sostanza curata, eliminando dalla propria dieta i cosiddetti “zuccheri fermentabili”. Questi zuccheri sono in genere scarsamente assorbibili e vengono fermentati nell'intestino dai batteri del colon provocando gonfiore, gas e dolore addominale tipici della sindrome dell'intestino irritabile, appunto. La dieta FODMAP riesce ad alleviare questi disturbi nel 75% dei casi. Si tratta di un protocollo guidato che prevede l’eliminazione dei cosiddetti alimenti FODMAP per circa due/quattro settimane. In questo lasso di tempo, si assiste al progressivo miglioramento dei sintomi dell’infiammazione dell’intestino fino alla loro scomparsa, nella maggior parte dei casi. Successivamente, quindi, si reintroducono tutti gli alimenti gradualmente: un gruppo a settimana - monitorando i sintomi con un un diario alimentare. Vediamo nel dettaglio ciascuna lettera dell’acronimo inglese FODMAP a cosa corrisponde: F come FERMENTABILE - La fermentazione è quel processo di trasformazione degli alimenti che non vengono assorbiti dal nostro intestino e diventano nutrimento per i batteri che popolano il colon. Questo fenomeno causa una serie di fastidi come gonfiore, dolore, flatulenza e tensione addominale. Si è visto che soprattutto alcuni tipi di zuccheri possono peggiorare questa sintomatologia. O come OLIGOSACCARIDI - Tra gli oligosaccaridi individuiamo fruttani e galattoligosaccaridi (GOS). I fruttani sono catene di fruttosio, lo zucchero presente nella frutta, che non sono digeribili per gli esseri umani. Sono scarsamente assorbiti nell'intestino e arrivano al 99% nel colon, dove i batteri li scompongono generando fermentazione. Sono contenuti soprattutto negli asparagi, nell’erba cipollina e nella cipolla, nell’aglio, nel cavolo cappuccio e nella cicoria. I galattoligosaccaridi invece sono presenti nella buccia dei legumi, come fagioli, ceci, lenticchie, fave, e aumentano l’irritabilità del colon. D come DISACCARIDI (es. lattosio) - La sindrome del colon irritabile spesso è accompagnata dalla carenza di lattasi, l’enzima indispensabile per la digestione del lattosio. Tuttavia anche i soggetti con colon irritabile hanno una tolleranza di 6 g di lattosio al giorno circa, che corrispondono perlopiù a 125 ml di latte. Quindi è bene limitare il consumo di latte e latticini, preferendo i formaggi a pasta dura e lunga stagionatura (come parmigiano o grana 24-36 mesi) ove il lattosio è quasi del tutto fermentato, o come nel Brie e Camembert, che, nel loro processo produttivo, subiscono già passaggi di fermentazione. M come MONOSACCARIDI (es. fruttosio) - Molti lamentano un’antipatica sensazione di gonfiore dopo aver mangiato la frutta fresca, questo perché un terzo della popolazione non assorbe correttamente il fruttosio. Innanzitutto è importante moderare il consumo di frutta, suddividendolo in 2-3 porzioni nell’arco della giornata. Meglio evitare mango, banana, mela e pera, che, in presenza di sindrome del colon irritabile, andrebbero consumate previa cottura. Anche il miele e lo sciroppo d’acero sono da usare con parsimonia poiché hanno una percentuale di fruttosio molto elevata. P come POLIOLI (sorbitolo, mannitolo, xilitolo, maltitolo etc.) - I polioli sono tutti quei dolcificanti a basso contenuto calorico, che non sono assorbibili dal nostro intestino e molto difficili da digerire per gli enzimi digestivi. Se assunti in elevate quantità possono causando gonfiore, gas, dolore addominale caratteristico della Sindrome dell'Intestino Irritabile (o colon irritabile o IBS) e, in alcuni casi, diarrea. La dieta FODMAP è un protocollo efficace e funzionale, volto a migliorare la qualità della vita dei pazienti che soffrono di Sindrome dell’Intestino Irritabile e di infiammazioni intestinali croniche. Naturalmente è bene evitare il “fai da te” e rivolgersi ad un medico esperto, in grado di elaborare un protocollo su misura per evitare carenze e massimizzarne i benefici. Non dimentichiamo che “Il cibo che mangi può essere o la più sana e potente forma di medicina o la più lenta forma di veleno.”

YOGA: il tuo amico del cuore

Sono ormai noti i numerosi benefici dell’attività aerobica per il miglioramento del quadro cardiovascolare e prevenzione dello sviluppo di patologie circolatorie. Ma oggi i riflettori sono puntati su un'altra disciplina, che si sta facendo spazio nel mondo del wellness: lo yoga. Sono sempre più numerose le pubblicazioni scientifiche che illustrano gli effetti positivi di questa antica disciplina, originaria dell’India, sul corpo e sulla psiche. Lo yoga, associato alle tradizionali e imprescindibili terapie mediche, sta infatti diventando uno strumento per prevenire e contrastare le malattie cardiovascolari, come l’ipertensione e l’aterosclerosi. Gli esercizi di yoga, infatti, intervengono in modo diretto sul sistema neurovegetativo, in quanto essi limitano l’attività del sistema nervoso simpatico e, al tempo stesso, favoriscono quella del sistema parasimpatico: il primo tende a far alzare la frequenza del respiro e del battito cardiaco, mentre il secondo ha effetti opposti. Il risultato è una riduzione della pressione e uno stato di rilassatezza generale in tutto l’organismo. Lo stress, legato ai ritmi frenetici che la vita moderna e il lavoro ci impongono, l’ansia e la depressione sono correlati all'aumento delle malattie cardiovascolari. Queste condizioni di affaticamento psicofisico spesso si protraggono nel tempo fino a cronicizzarsi, predisponendo il nostro organismo alle infiammazioni e favorendo l’aumento della pressione sanguigna. Lo yoga può proprio aiutare a frenare la risposta del corpo allo stress, attraverso la respirazione profonda e il rilassamento. Inoltre, coltivare la consapevolezza anche attraverso la meditazione spesso innesca un meccanismo virtuoso che incoraggia altri comportamenti salutari di autocoscienza a cura di sé, come seguire una corretta alimentazione e praticare regolarmente attività fisica. In particolare, uno studio condotto negli Stati Uniti ha provato che lo yoga può ridurre i fattori di rischio cardiovascolare. Preso un campione di individui, sono stati divisi in due gruppi: il primo ha praticato regolarmente lo yoga, il secondo non ha svolto nessun esercizio fisico. Si è visto che nei soggetti che praticavano lo yoga c’era un notevole miglioramento dei parametri cardiometabolici: riduzione del colesterolo totale e miglioramento della pressione sanguigna. Questi benefici si estendono anche alle persone che presentano già malattie cardiache.  Ad esempio, un altro studio ha evidenziato che tra i pazienti con fibrillazione atriale parossistica praticare 12 settimane di yoga, allenando la respirazione in modo profondo, ha favorito la diminuzione delle aritmie, l’abbassamento della pressione sanguigna e un miglioramento del benessere generale. Spesso associato alle immagini dei praticanti flessuosi e di pose plastiche, lo yoga è quindi molto più di un semplice stretching: è il nostro amico del cuore.      

Ciambelline di crusca d’avena, pere e cioccolato

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione. La crusca di avena è un alimento con un alto potere saziante, è ricca di fibre solubili, tra cui beta-glucani, che nel corso del processo di digestione formano un gel che impedisce il toltale assorbimento da parte dell’intestino di zuccheri e grassi. Per questo la crusca d’avena è un utile alleato per combattere il colesterolo alto ed è indicata anche a chi ha problemi di glicemia. Aiuta inoltre il transito intestinale ed è una buona fonte di silicio, folati e tiamina. La crusca d’avena ha anche un sapore delicato e gradevole, ideale per la preparazione di un dolce sano e poco calorico, particolarmente adatto alla prima colazione. Ingredienti per 8 piccole ciambelle
  • 100 gr di crusca d’avena
  • 100 gr di pera (pesata già pulita)
  • 125 gr di yogurt magro
  • 30 gr di gocce di cioccolato extra fondente
  • 3 albumi (uova medie)
  • 6 gocce di dolcificante alla stevia
  • La buccia di mezza arancia bio grattugiata
  • Mezzo cucchiaino di lievito per dolci
  • Un pizzico di cannella in polvere
Procedimento Mettete la crusca d’avena in un mini mixer e tritatela sottilmente. Montate a neve ferma gli albumi. Trasferite la crusca d’avena in una ciotola, aggiungete lo yogurt magro, il dolcificante, il lievito, la scorza d’arancia e la cannella, mescolate bene. Aggiungete all'impasto ottenuto metà degli albumi montati a neve e mescolate, aggiungete poi la seconda metà inglobandola all'impasto con movimenti dal basso verso l’alto per non smontarla, ottenendo un composto spumoso. Aggiungete infine le gocce di cioccolato e la pera tagliata a dadini. Distribuite l’impasto in 8 stampini. Per evitare di usare olio o burro per ungere gli stampi, potete utilizzare quelli antiaderenti in silicone (adatti alla cottura di alimenti), diametro 7 cm. Coprite una leccarda con un foglio di alluminio e sopra di esso posizionate gli stampi. Cuocete le ciambelle di crusca d’avena, pera e cioccolato in forno già caldo a 180° C in modalità statica per circa 20 minuti, posizionate la leccarda al centro del forno. Per capire se le ciambelle di crusca d’avena, pera e cioccolato sono cotte al punto giusto fate la prova stecchino, lasciatele raffreddare prima di toglierle dagli stampi.

FOOD FOR BRAIN: cosa mangiare per mantenere il cervello in salute

Vi siete mai domandati cos’è quell’improvvisa fame che ci coglie di sorpresa quando siamo concentrati sul lavoro o quando studiamo? Non è lo stomaco che brontola, ma il nostro cervello che ha bisogno di carburante, quello giusto per svolgere al meglio la sua attività. Il cervello è infatti un organo ad alta intensità energetica: consuma, cioè, circa il 20% delle calorie totali che assumiamo e necessita di alcuni nutrienti particolari per rimanere in salute più a lungo. Esaminiamo insieme quali sono gli alimenti in grado di “allenare” il nostro cervello: 1. Pesce Azzurro Gli Omega 3, presenti in abbondanti quantità nel pesce azzurro (salmone, tonno, sgombro, sardine e aringhe), intervengono nella formazione e nei meccanismi di riparazione delle membrane che si trovano attorno a tutte le cellule del nostro organismo, comprese quelle cerebrali. Svolgono una potente azione antiossidante, riducendo lo stress e l’infiammazione cellulare, responsabili dell’invecchiamento cerebrale e di diversi disturbi neurodegenerativi, come il morbo di Alzheimer. 2. Cioccolato fondente  Oltre a far bene all’umore, piccole quantità di cioccolato fondente giovano anche alla salute del nostro cervello poiché i flavonoidi, contenuti nel cacao, favoriscono lo sviluppo di neuroni e vasi sanguigni in parti del cervello coinvolte nella memoria e nell'apprendimento.  3. Bacche  Così come il cioccolato fondente, anche le bacche garantiscono un eccezionale apporto di flavonoidi. In particolare antocianine, acido caffeico, catechina e quercetina che favoriscono le connessioni tra le cellule cerebrali e ne aumentano la plasticità, con effetti positivi sulla capacità mnemonica e di apprendimento. La loro azione antiossidante abbassa l’incidenza delle malattie neurodegenerative e del conseguente declino cognitivo. Via libera quindi a bacche di Goji, bacche di Acai, more, mirtilli, lamponi e fragole. 4. Frutta secca oleosa, semi e cereali integrali La frutta secca oleosa, insieme ai cereali integrali, ha un elevato tenore di vitamina E, che, oltre a proteggere le cellule dai danni causati dallo stress ossidativo, supporta le capacità cognitive del nostro cervello e il suo corretto funzionamento soprattutto con l’avanzare dell’età. Non devono mai mancare noci, nocciole, mandorle e semi (di lino, di chia ecc..), ideali come spuntino o nelle insalate. 5. Caffè Diversi studi hanno dimostrato che l’assunzione di caffeina, in dosi moderate e salvo particolari controindicazioni, migliora la capacità di elaborare le informazioni ed è correlata ad un minor rischio di demenza senile, morbo di Parkinson e Alzheimer.  6. Avocado, anacardi e arachidi Avocado, arachidi, anacardi, olio di soia, girasole e colza sono tra gli alimenti che vantano un maggior tenore di grassi insaturi, detti anche “grassi buoni” perché riducono il rischio di ipertensione, limitando l’insorgere delle malattie cardiovascolari e di quelle neurodegenerative. Nelle arachidi inoltre sono presenti buoni livelli di resveratrolo (così come nei gelsi e nel rabarbaro) che ha un’azione anti-infiammatoria.  7. Uova  Anche le vitamine del gruppo B (soprattutto B-6 e B-12), contenute soprattutto nelle uova, sono grandi alleate della salute del cervello poiché contribuiscono al metabolismo delle cellule cerebrali. La carenza di queste sostanze, riscontrata perlopiù negli anziani, è collegata ad una riduzione del volume cerebrale e al rischio di sviluppare nel tempo malattie come la depressione e il declino cognitivo.  8. Broccoli, cavoli e rape Le crucifere, come broccoli, cavolfiore, rape, cavolini di Bruxelles sono superfood per il nostro cervello: apportano glucosinolati e vitamina C che preservano le cellule cerebrali dall’azione ossidante dei radicali liberi. La salute del nostro cervello passa attraverso un corretto stile di vita, fatto di sane abitudini, alimentazione equilibrata, attività fisica e pensieri positivi.  

Riso integrale con funghi shiitake e verdure croccanti

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione. Gli shiitake sono funghi originari dell’Estremo Oriente e sono un ingrediente molto utilizzato nella cucina macrobiotica. Sono considerati funghi medicali perché hanno diverse proprietà benefiche. Hanno un effetto stimolante delle difese immunitarie e per questo è particolarmente consigliata la loro assunzione prima dell’arrivo della stagione fredda, in quanto utili a prevenire le sindromi influenzali e il raffreddore. Gli shiitake hanno anche proprietà epatoprotettive e contengono eritadenina, un aminoacido in grado di migliorare il metabolismo dei grassi e abbassare i livelli di colesterolo nel sangue. Da citare anche il loro alto contenuto di vitamine del gruppo B e di sali minerali come calcio, potassio, zinco, ferro e fosforo. I funghi shiitake sono particolarmente saporiti e per questa caratteristica possono essere utilizzati nella preparazione di molti piatti rendendoli più gustosi e aiutandoci a limitare l’uso di grassi e di sale.

Ingredienti per 2 persone

140 gr di riso basmati integrale 25 gr di funghi shiitake essiccati 50 gr di fagiolini 30 gr di germogli di soia freschi Una zucchina Una carota Un cipollotto Un cucchiaio di olio evo Peperoncino rosso fresco q.b. Brodo vegetale q.b. Sale q.b.

Procedimento

Mettete a mollo i funghi shiitake in acqua fredda almeno due ore prima di utilizzarli. Finito il tempo di ammollo togliete i funghi dall’acqua e strizzateli delicatamente, quindi trasferiteli in una padella antiaderente con olio evo. Saltate gli shiitake a fiamma vivace per circa un minuto, poi aggiungete 2-3 cucchiai di brodo vegetale e coprite con un coperchio, abbassate la fiamma e lasciateli cuocere per 10 minuti. Intanto lavate le verdure, sbianchite i fagiolini immergendoli in acqua bollente salata per 3 minuti quindi trasferiteli in una ciotola con acqua fredda. Tagliate a rondelle sottili la zucchina e la carota. Tagliate a fettine il cipollotto e tenete da parte una foglia verde, la più piccola e tenera. Cuocete il riso integrale in acqua bollente salata e scolatelo al dente. Quando i funghi shiitake avranno terminato la cottura, alzate la fiamma e nella stessa padella aggiungete il cipollotto, la zucchina, la carota, i fagiolini tagliati a pezzi, il peperoncino rosso tagliato a striscioline, saltate tutto per due minuti e regolate di sale. Abbiate cura di non cuocere eccessivamente le verdure che dovranno restare croccanti. Aggiungete infine i germogli di soia e il riso integrale, saltate insieme ancora per un minuto e, se necessario, aggiungete un altro cucchiaio di brodo vegetale. Prima di servire il riso basmati integrale con funghi shiitake e verdure croccanti decorate i piatti con la foglia di cipollotto tenuta da parte.